perché sono così stanco?

ancora un viaggio
nel mondo del malessere, del disagio, dell’uomo:
esiste la sindrome da fatica cronica?

Potrei continuare con un elenco senza fine, anche perché spesso più di un fattore entra in gioco in quel senso di astenia, di debolezza, di incapacità che, pur essendo normale e tollerabile per qualche periodo, per alcuni di noi diventa causa di una limitazione significativa della propria vita.Esistono molte ragioni per sentirsi stanco: anemia, eccesso di caffeina e/o zuccheri raffinati, cattiva digestione, dieta squilibrata anche se abbondante, intolleranze alimentari, intossicazione da eso- o endotossine (cattivo funzionamento del fegato o dell’intestino), affaticamento delle ghiandole surrenali da surmenage, ansia, depressione, alterazioni del ciclo o della qualità del sonno, alterazioni ormonali (in particolare tiroidee), malattie virali…..

Ognuna delle potenziali cause citate diventa una sorta di scatola cinese riconducendo ad altre cause nascoste: la disbiosi intestinale diventa l’artefice di un’alterazione della parete dell’ileo che a sua volta è responsabile della produzione di tossine che dall’intestino vanno a provocare un malfunzionamento ed un sovraccarico del fegato che a sua volta….

Di fronte a qualunque problema che ci colpisce la nostra immediata reazione è quella di chiederci: “Perché?”, nella recondita speranza di poter eliminare di colpo “la causa”, di poter ritornare senza nessun cambiamento alla nostra vita di prima. Come se fosse possibile identificare l’ingranaggio rotto e sostituirlo.

Ma quando arriviamo a fronteggiare la nostra stanchezza, nonostante i molti tentativi di identificare una “vera causa”, nonostante i molteplici rimedi, medici o alternativi, spesso ci ritroviamo ancora con quel senso di spossatezza, di inerzia che ci crea quell’incredibile fatica di vivere.

Perché sono così stanco?

Esistono molte cause per la stanchezza, soprattutto se parliamo di stanchezza cronica: oggi tale condizione, in particolari condizioni, è stata classificata come “malattia”; la “Sindrome della Fatica Cronica”. Si parla di questa sindrome quando, per almeno sei mesi, la persona è affetta da una stanchezza persistente per almeno sei mesi, non alleviata dal riposo ed esacerbata anche da piccoli sforzi, minando la qualità e la tipologia di vita della persona stessa. Spesso sono presenti disturbi della memoria e della concentrazione persistenti, dolori muscolari diffusi, sonno “che non dà sollievo e riposo”, spesso accompagnati da cefalea.

Molti di noi possono riconoscersi sicuramente in questa descrizione, anche se solo in riferimento ad un breve periodo della nostra vita, ma per latri questa condizione dura per anni, condiziona la vita di ogni giorno, in un lungo trascinarsi dal giorno alla notte che non riduce il malessere, per dover affrontare un nuovo estenuante giorno.

Non è lo scopo di questo articolo parlare estesamente della “Sindrome della Fatica Cronica”, ma semplicemente utilizzare la forma di manifestazione più grave per aprire una finestra sulla nostra fatica: la fatica di vivere ogni giorno.

Ognuno di noi, coi propri traguardi ed i propri obiettvi, affronta una particolare sfida personale con la vita, un confronto in cui i nostri primari meccanismi di sopravvivenza sono messi a dura prova, attivati in quel particolare insieme di automatismi che definiamo la reazione di lotta/fuga, cioè il nostro caro amico stress.

Il continuo stress, il confronto con una grande quantità di pressioni individuali che il nostro attuale stile di vita quotidianamente ci impone, è sicuramente uno dei fattori che crea un malfunzionamento delle nostre ghiandole surrenali. Indipendentemente dal fatto che sia generato da influenze fisiche, chimiche, emotive, invariabilmente attiva una risposta bioumorale a carico delle ghiandole surrenali., come conseguenza dell’ormone ACTH, secreto dall’Ipofisi.

Quando sentiamo che le nostre risorse vengono meno, in rapporto alle richieste che sentiamo premere su di noi, quando ci sentiamo in pericolo il nostro sistema corporeo, bioumoralmente,  passa da uno stato di allarme ad uno stato di vigilanza, come se fossimo sempre costretti a difenderci dalle spinte che premono su noi e sul nostro essere, fino a giungere ad una forma di esaurimento.

Possiamo essere in sovrappeso, possiamo mangiare molto, possiamo ricercare continuamente dolci nel tentativo di compensare il nostro bisogno di energia, possiamo ricercare il salato per reintegrare i fluidi, ma, prima o poi, la nostra “macchina energetica, il nostro corpo, comincerà a divenire carente di alcune materie prime.

Magari insignificanti da un punto di vista quantitativo, ma determinanti sul piano qualitativo: quante volte la rottura di un piccolo pezzo, apparentemente insignificante, compromette macchinari complessi e costosi? Basta pensare che un pizzico di lievito permette a farina ed acqua, di trasformarsi in qualcosa di differente.

La continua vigilanza si trasforma in esaurimento, genera l’incapacità di rigenerare le proprie risorse. Soprattutto quando l’impossibilità a sottrarci alle richieste che pensiamo ci vengano fatte prendono il sopravvento sulla consapevolezza del nostro essere.

Quando i nostri obiettivi, quando gli impegni e le priorità non tengono conto di quanto noi possiamo veramente esprimere, quando non accettiamo i nostri limiti intrinseci o ci accettiamo confini insuperabili definiti artificialmente, perduriamo nel nostro depauperamento progressivo ed inarrestabile.

Perché sono stanco?

Forse perché mi manca qualche vitamina, qualche sale minerale, qualche piccolo ed insignificante fattore che mi permetta di produrre l’energia necessaria a muovere la macchina da guerra con cui affronto la mia vita, qualche elemento che ne renda possibile l’utilizzazione per perdurare nel mio sforzo.

Ma sicuramente perché non riesco ancora a riconoscere quanto sia l’espressione del mio vero bisogno e quanto dipenda dalle aspettative che devo soddisfare. Perché non ho ancora imparato a difendermi e gestire il male di vivere ogni giorno.

Fino a sentire una persistente stanchezza che mi pare irreversibile e inguaribile.