ultimo aggiornamento: 4 Marzo 2025 alle 23:25
definizione
Incapacità di eseguire compiti motori intenzionali appresi in precedenza, nonostante la volontà e la conservata capacità fisica, ovvero un “disturbo del gesto” (acquisito) che rappresenta l’impossibilità o la difficoltà di coordinare i gesti, nonostante la capacità motoria rimanga illesa: un disturbo di natura neuropsicologica, conseguente, generalmente, a traumi cerebrali che induce l’impossibilità di effettuare movimenti che tendano a un preciso scopo, pur essendo integre l’intelligenza e la motilità; dal greco ἀπραξία (apraksía → inerzia) composto dal prefisso di negazione ἀ– e πραξία (praxía → atto), derivato dal tema di πράσσω (prásso → fare).
Il gesto non deve essere considerato un semplice atto motorio ma piuttosto uno schema complesso di atti motori elementari, coordinati ed eseguiti secondo una specifica sequenza temporale; possono essere suddivisi in gesti transitivi, cioè gesti che consentono di interagire con il mondo esterno attraverso un oggetto, e in gesti intransitivi, ovvero quegli atti motori che non prevedono l’interazione con un oggetto nel mondo esterno: questi ultimi possono essere ulteriormente suddivisi in gesti mimici, gesti simbolici ed in gesti privi di significato. L’aprassia è contraddistinta dal fenomeno della dissociazione automatico-volontaria: il soggetto può non essere in grado di eseguire un movimento finalizzato in una condizione artificiale, senza una motivazione interna o una sollecitazione ambientale, ma può essere in grado di eseguire la medesima azione spontaneamente, in risposta a stimoli provenienti dal contesto o per un’esigenza interiore; deve essere considerata un deficit primario dell’attività motoria che compare durante l’esecuzione intenzionale di un movimento finalizzato (avente o non avente significato), in assenza di deficit sensoriali o motori primari.
Chi manifesta aprassia non è in grado di concettualizzare o di eseguire compiti motori complessi precedentemente appresi, nonostante abbia sistemi motorio, sensoriale e di coordinazione intatti e sia in grado di eseguire le singole componenti del movimento; tipicamente, i pazienti non riconoscono il loro deficit; tutte le forme di aprassia sono accumunate da un aspetto fondamentale: l’aprassia non è correlata semplicemente al movimento in quanto tale, piuttosto intacca l’organizzazione, la progettazione ed il coordinamento dei gesti e dei movimenti. Il soggetto aprassico non è consapevole di come fare quella data azione, né tantomeno di tradurre la sequenzialità dei movimenti secondo uno schema definito oppure non è in grado di immaginare quel gesto, o di rappresentarlo idealmente prima di compierlo.
I comuni tipi di aprassia possono comprendere:
→ aprassia ideazionale (o aprassia ideatoria) – i soggetto non percepisce lo scopo di un compito complesso precedentemente appreso e quindi non possono pianificare o eseguire i movimenti volontari richiesti nella sequenza corretta: non è in grado di eseguire i movimenti nella giusta successione temporale (ad esempio indossare le scarpe prima delle calze); tipica patologia conseguente a lesioni nella corteccia premotoria e nella corteccia secondaria parietale. In altre parole, l’aprassico ideazionale non riesce a progettare mentalmente il gesto e non è in grado di controllarne i movimenti.
→ aprassia ideomotoria – alla richiesta di eseguire compiti motori comuni, chi ne è affetto non è in grado di farlo: non è in grado di tradurre il gesto ideato (indirizzato ad uno scopo) in movimento (ad esempio non imitare azioni come salutare o mostrare come viene utilizzato uno strumento quale uno spazzolino da denti o un martello); tipica conseguenza di lesioni cerebrali dell’emisfero sinistro, in particolare nei traumi del corpo calloso, come effetto dei danni a carico del lobo parietale o nelle lesioni frontali della regione laterale pre-motoria. Interessando i singoli gruppi muscolari, l’aprassia ideomotoria nega al soggetto la possibilità di eseguire un movimento volontario, pur progettandolo mentalmente in maniera corretta; una delle aprassie più frequenti.
→ aprassia concettuale – simile all’aprassia ideomotoria, presenta una ridotta capacità di utilizzare correttamente gli strumenti (ad esempio quando viene dato un cacciavite, viene utilizzato per tentare di scrivere con esso come se fosse una penna).
→ aprassia costruttiva (apractognosia) – l’incapacità di disegnare, costruire o copiare un oggetto anche se si comprende il compito e si hanno le capacità fisiche per farlo: non è in grado di riprodurre configurazioni bi/tridimensionali, sia su imitazione, sia a memoria (ad esempio non riuscire a copiare una semplice forma geometrica, pur essendo in grado di vederla e riconoscerla, di tenere in mano e utilizzare una penna e di comprendere il compito). L’aprassia costruttiva è conseguenza di lesioni cerebrali a carico dell’emisfero destro o sinistro.
→ aprassia acrocinetica – chi è colpito da questa forma di aprassia mantiene l’ideazione ma gesticola in modo goffo e bizzarro, quasi cristallizzato; i movimenti, sempre disorganizzati, sono privi di coordinazione spontanea ed è presente mancanza di fluidità, lentezza e goffaggine, difficoltà di passare in modo sincrono ed organizzato dalla contrazione di un muscolo al successivo rilassamento. In questo tipo di aprassia sono colpiti sia i movimenti spontanei, sia quelli volontari, con difficoltà cinetiche che aumentano proporzionalmente all’incremento della complessità del compito, anche se non variano in base alla tipologia di oggetto o su imitazione. Tipica della lesioni delle aree premotorie.
→ aprassia motoria (o aprassia mielomotoria)- i gesti significativi sono disorganizzati, i movimenti risultano poco spontanei e molto sforzati ovvero il movimento volontario che appare goffo, impacciato, grossolano impreciso; la disorganizzazione del movimento è assimilabile ai disturbi motori elementari ed è caratterizzata da una riduzione della spontaneità motoria e da forme di prensione (lesione frontale) ed evitamento (lesione parietale) osservate nell’emicorpo controlaterale alla lesione dell’area cerebrale colpita.
→ aprassia dinamica – caratterizzata dalla presenza di perseverazioni ed incapacità a sottoporre l’azione ad un progetto motorio: la difficoltà di eseguire sequenze arbitrarie (come battere la mano pugno, palmo, taglio, pugno, palmo, taglio) o di gesti contrastanti (colpo forte – colpo debole); l’insieme di queste difficoltà indica un’alterazione del controllo esercitata sul gesto dai lobi frontali ed in caso di lesioni bilaterali, la gravità aumenta.
→ aprassia verbale – viene negata la possibilità di coordinazione dei movimenti della bocca, quindi di articolare correttamente le parole.
Il grado di severità dell’aprassia è direttamente proporzionale alla gravità del danno cerebrale provocato; in base al sistema effettore coinvolto, si distingue:
→ aprassia degli arti – la forma più studiata in quanto ha un impatto maggiore sulla qualità della vita; si caratterizza per l’incapacità, una volta rievocata la rappresentazione mentale del movimento richiesto, di attivare la corretta sequenza motoria per attuare il movimento stesso: il soggetto sa “cosa” fare ma non sa “come” farlo. Il disturbo è usualmente bilaterale. ed è una forma di aprassia ideomotoria.
→ aprassia orale (o aprassia bucco-facciale) – si associa in genere a una lesione degli opercoli frontale e centrale e della porzione anteriore dell’insula: il soggetto aprassico non è in grado di eseguire movimenti indicativi con bocca, faringe o muscoli del collo, anche sotto stimolo imitatorio; interessa i muscoli dell’apparato oro-glosso-faringo-laringeo e si manifesta nella difficoltà a fischiare, dare un bacio, raschiare la gola e, talvolta, deglutire. Manifesta una dissociazione tra l’incapacità a compiere un movimento su richiesta e la conservata abilità ad eseguirlo automaticamente; questo tipo di aprassia è correlato a traumi dell’emisfero sinistro, della regione prerolandica e postrolandica.
→ aprassia del tronco – l’incapacità di coordinare i movimenti del tronco e di eseguirli correttamente per uno scopo (ad esempio, sedersi od alzarsi da una sedia); difficoltà nell’eseguire movimenti a carico della muscolatura assiale, anche se spesso di entità minore rispetto alle difficoltà presentate dagli stessi soggetti nell’eseguire movimenti con gli arti superiori (concomitante aprassia degli arti). La difficoltà ad eseguire movimenti con la muscolatura assiale si accompagna frequentemente all’incapacità ad organizzare adeguatamente il programma motorio della deambulazione, in assenza di deficit motori o sensitivi in grado di giustificare tale quadro (aprassia del cammino).
→ aprassia del cammino – evidente difficoltà ad iniziare il cammino: il soggetto osserva i propri piedi quasi fossero bloccati sul terreno, presenta un calpestio preparatorio, alza il piede dal pavimento senza spostarlo in avanti in modo da iniziare il passo; il cammino una volta innescato appare lento e frammentato: a volte, il soggetto non è neppure in grado di restare in equilibrio senza un supporto ed ogni cambiamento di direzione è difficoltoso e caratterizzato da errori. Se il soggetto viene invitato a verbalizzare i movimenti o cambiano le condizioni ambientali, come quando si deve superare un ostacolo o salire un gradino, il cammino può diventare possibile e se viene posto in posizione sdraiata, è in grado di eseguire movimenti corretti con gli arti inferiori, come simulare la deambulazione o il movimento della pedalata in bicicletta). L’aprassia del cammino più che da una vera e propria forma di aprassia, intesa come difficoltà nella programmazione ed esecuzione dei programmi motori del tronco e/o degli arti inferiori, da una più aspecifica compromissione delle dinamiche posturali e/o la disfunzione dei sistemi responsabili delle attività automatiche o semi-automatiche per il mantenimento di una postura o della deambulazione.
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