Dal greco χαλάζιον (khalázion → granulo), diminutivo di χάλαζα (khálaza → grandine): tumefazione a impronta infiammatoria, di una delle ghiandole sebacee, contenute nello spessore delle palpebre; solitamente circoscritto alla palpebra superiore, può guarire spontaneamente, ovvero andare incontro a flogosi e suppurazione. Può essere sia un problema acuto, sia un problema cronico che causa dolore, eritema e gonfiore della palpebra. Può trasformarsi in un nodulo duro alla palpazione. Il nodulo può svilupparsi alla superficie cutanea (calazio sovratarsale) o, più spesso, alla superficie posteriore della palpebra (calazio sottotarsale); il materiale purulento al suo interno può fuoriuscire, ma nel caso in cui rimanesse incistato deve essere rimosso chirurgicamente.
Il calazio è, in realtà, un lipogranuloma, una cisti granulosa, ovvero che può formarsi all’interno della palpebra, come conseguenza di un processo infiammatorio cronico della ghiandola di Meibomio, che producono la componente lipidica delle lacrime, il cui dotto escretore si ostruisce; si riconosce per il rigonfiamento sul bordo della palpebra, sul margine cigliare o più verso la congiuntiva, ed è generalmente indolore, anche se può infiammarsi, a differenza dell’orzaiolo, causato da un’infezione batterica associata, spesso, a blefarite. Il calazio, normalmente aumenta di dimensione, partendo da un piccolo puntino biancastro, poco visibile, fino a diventare una cisti più grande, quasi come una nocciolina, accompagnato da sintomi tipici quali prurito, arrossamento, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, fotofobia e, nella maggior parte delle volte, iperlacrimia.
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