definizione
Sebbene sarebbe più corretto definire questo esame ematico “elettroforesi delle emoglobine”, in quanto esistono più tipi di emoglobina: è un esame indispensabile per diagnosticare le emoglobinopatie come la talassemia e l’anemia a cellule falciformi ( drepanocitosi), in quanto in grado di misurare e identificare i diversi tipi di emoglobina presenti nel sangue; l’elettroforesi dell’emoglobina è una tecnica di laboratorio che separa le diverse frazioni di emoglobina presenti nel sangue in base alla loro carica elettrica.
effettuazione del test
L’esame consiste nella raccolta di un campione di sangue in una provetta contenente una sostanza che mantiene il sangue fluido (anticoagulante): le frazioni di emoglobina vengono separate su gel, attraverso un campo elettrico, o vengono analizzate con la cromatografia liquida ad alta prestazione; nel caso in cui si utilizzi la tecnica di migrazione su gel, le proteine dell’emoglobina migrando, formano bande distintive che permettono di riconoscere eventuali anomalie, in quanto quando l’emoglobina presenta dei difetti, spesso ha una carica elettrica differente da una normale e, sottoponendola a un campo elettrico, è possibile mettere in evidenza le irregolarità.
Nei referti vengono riportate le emoglobine presenti e la loro quantità relativa; per gli adulti, le percentuali di riferimento delle emoglobine normali sono:
→ emoglobina A (HbA): 95÷98%,
→ emoglobina A2 (HbA2): 2÷3%,
→ emoglobina F (HbF): inferiore al 2%;
nei bambini al di sotto dei due anni i valori di riferimento si dividono in fasce in base all’età, in quanto nel neonato la HbF è pari all’80% e verrà sostituita dall’Hb A entro il sesto mese.
I difetti genetici comprendono i difetti di produzione delle catene dell’emoglobina (talassemie) e i difetti strutturali, cioè cambiamenti di amminoacidi nella catena (varianti emoglobiniche come HbS, HbC, HbE …), sia allo stato di portatore di emoglobinopatia sia nel malato: per emoglobinopatia si intende una alterazione dei globuli rossi, talvolta associata ad anemia, dovuta a un difetto genetico di una o più delle quattro catene che costituiscono la molecola dell’emoglobina (Hb).
La valutazione dell’emoglobina e la conseguente diagnosi non può prescindere dalla valutazione dell’emocromo ed il dosaggio del ferro e/o della ferritina: un valore aumentato di emoglobina A2 associato a valori bassi di MCV e MCH con valori normali di sideremia e di ferritina deve far sospettare uno stato di portatore di beta talassemia, mentre un valore troppo basso di emoglobina A2 associato a MCV basso e MCH basso, con valori normali di sideremia e di ferritina, deve far sospettare una variante dell’emoglobina; un valore alto di emoglobina F (HbF) in pazienti dai due anni in su deve far pensare alla possibile diagnosi di beta talassemia o di persistenza dell’emoglobina fetale (HbF).
Attraverso questo esame è possibile identificare e quantificare anche la presenza di varianti della catena emoglobinica come l’emoglobina S (HbS → anemia falciforme), l’emoglobina C (HbC → anemia emolitica prevalentemente nei soggetti africani e afro-americani), l’emoglobina E (HbE → anemia emolitica prevalentemente nei soggetti asiatici).
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