definizione
Manifestazione collaterale, aspetto secondario di un fenomeno e che si ritiene originato da quest’ultimo: il termine viene utilizzato, in medicina, come sinonimo di sintomo collaterale che può accompagnarsi, successivamente e non necessariamente, ai sintomi fondamentali di una malattia; dal greco ἐπί (epí → su, in aggiunta a, in più) e ϕαινόμενον (fainómenon → fenomeno), il lemma indica la presenza di un fenomeno secondario che si sviluppa e sopra si manifesta in aggiunta a quello principale, che ne è la causa.
Deve essere considerato come un effetto secondario di una malattia, che si aggiunge senza incidere sensibilmente sul quadro generale, caratterizzato proprio dalla secondarietà e dalla collateralità che en sono un tratti distintivo precipuo: esiste un nesso di causalità fra il fenomeno di base e l’epifenomeno che ne scaturisce, in quanto l’epifenomeno è osservato come un affioramento distinguibile e circoscritto di un processo più profondo, complesso e vasto.
Allo stesso tempo deve essere visto come conseguenza attiva, che si sviluppa come fenomeno autonomamente considerabile, ed è considerata unitariamente con la sua causa non essendo un mero effetto: in questo il concetto di sintomo è molto esplicativo, pur nelle reciproche differenze; se il sintomo è un elemento che permette, risalendo per induzione, di approdare a un quadro complessivo, l’epifenomeno è una manifestazione osservata che si deduce dal fenomeno principale che deve essere noto, visto che si parla sempre dell’epifenomeno di qualcosa.
È un fenomeno secondario che accompagna lo svolgersi di un fenomeno senza influire su di esso e che non altera il primario: ne è espressione diretta, organica, per quanto minore, episodica, e perfino (talvolta) trascurabile: si distingue nettamente dall’evento che, in un rapporto causale, viene considerato effetto provocato dai fenomeni che vengono indicati come cause, in quanto costituisce un evento accessorio che si sviluppa “a lato” della relazione causale principale e, per definizione, è privo di qualsiasi effetto sugli altri fenomeni coinvolti.
Tale concetto venne introdotto dai positivisti inglesi dell”800 (Thomas Henry Huxley, William Kingdon Clifford, William Ballantyne Hodgson) per caratterizzare la coscienza, considerata come un fenomeno secondario che accompagna i fenomeni corporei (oggi si direbbe “l’attività nervosa del cervello”), ma del tutto privo di effetti causali: si possono considerare esempi di epifenomeno il fischio di una locomotiva a vapore (Thomas Henry Huxley.), come pure l’ombra proiettata da un oggetto in movimento o il rumore di un ingranaggio in azione
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