ultimo aggiornamento: 15 Marzo 2025 alle 20:59
definizione
Sebbene sia più corretto l’utilizzo dell’insieme “intestino tenue”, il termine “tenue” viene spesso utilizzato anche singolarmente, per indicare il tratto dell’intestino compreso fra il piloro (valvola pilorica, parte terminale dello stomaco) e valvola ileo-cecale (che lo congiunge con l’intestino cieco ed il crasso).
Dal latino tenŭis, che ha la stessa radice di tendĕre (tendere) che deriva dalla radice sanscrita TÀN, che indica “il distendere, l’allungare”, fino a rendere sottile, ovvero assottigliare: mostrandosi l’intestino come un tubo muscolo-membranoso appiattito, quando è vuoto, offre l’idea di qualcosa di allungato, stirato, teso e sottile, soprattutto se comparato con il colon. Il termine latino tenŭis è una traduzione del termine greco corrispondente ψιλός (psilos → liscio, nudo), che significa propriamente “privo, spoglio”: i latini poterono tradurre il termine greco con tenŭis perché nella tessitura, tenŭis si diceva del filo filato sottile, “semplice” cioè “privo” di altro filo aggiunto.
descrizione – anatomia
L’intestino tenue lungo circa sette metri, con un diametro medio fra i due e i quattro centimetri, e può essere suddiviso in tre tratti: il primo chiamato duodeno (segmento maggiormente coinvolto nei processi digestivi, tanto da assimilarlo funzionalmente ad un secondo stomaco), il secondo detto digiuno e la porzione terminale chiamata ileo; al suo interno avviene la trasformazione del chimo gastrico in chilo (prevalentemente nel duodeno) e si completa l’assorbimento dei nutrienti (a livello del digiuno-ileo).
Il duodeno è il segmento maggiormente coinvolto nei processi digestivi, mentre digiuno ed ileo sono deputati soprattutto all’assorbimento dei nutrienti. In generale nell’intestino tenue viene portata a termine la digestione iniziata nella bocca e nello stomaco, tramite l’azione dei succhi enterici prodotti dalla secrezione delle ghiandole del Lieberkühn; al processo digestivo che avviene nell’intestino tenue contribuiscono due grandi ghiandole, il pancreas, che produce enzimi digestivi ed una soluzione basica ricca di bicarbonato che neutralizza l’acidità del chimo al suo arrivo nell’intestino tenue, ed il fegato che svolge molte funzioni tra cui la produzione di bile che rende i grassi più facilmente attaccabili da parte degli enzimi, oltre alla cistifellea che raccoglie la bile fino al momento in cui viene riversata nell’intestino.
Per svolgere al meglio questa sua complessa funzione la superficie della mucosa, che ne riveste le pareti interne, è ricoperta dai villi intestinali (estroflessioni della tonaca mucosa, responsabili dell’assorbimento dei nutrienti) e da pliche circolari, pieghe della parete interna dell’intestino tenue, che ampliano di molte volte la superficie interna, affinché svolga al meglio i propri compiti di completamento della digestione, massimizzando e velocizzando il processo di assorbimento delle sostanze nutritive.
Ogni villo è tappezzato da cellule la cui membrana, rivolta verso il lume interno, presenta delle sottili estroflessioni chiamate microvilli (orletto a spazzola): la conformazione di queste cellule, chiamate enterociti, ha lo scopo di aumentare ulteriormente la capacità digestiva ed assorbente dell’intestino.
Nella lamina propria dell’intestino tenue mesenteriale si trovano molte ghiandole tubulari semplici: sul fondo di tali ghiandole sono presenti piccole masse di tessuto linfoide sotto forma di noduli linfatici isolati o aggregati (M.A.L.T.) la cui funzione è quella di limitare l’attacco di popolazioni batteriche presenti negli alimenti e intanto mantenere in equilibrio le popolazioni batteriche del microbiota umano.
Nella tonaca sottomucosa cellule specializzate secernono liquido a pH alcalino per contrastare quello acido dello stomaco; allontanandosi ancor di più dal lume dell’intestino si trova la tonaca muscolare, composta (come nella maggior parte delle altre tonache muscolari del sistema digestivo) da uno strato di muscoli anulare e uno per il lungo della parete. I muscoli di entrambi gli strati sono lisci.
Il tratto digiuno-ileale è definito anche intestino mesenteriale in quanto è completamente avvolto dal peritoneo che lo tiene ancorato alla parete addominale posteriore mediante un meso a ventaglio (mesentere); anteriormente all’intestino mesenteriale è identificabile il grande omento che lo separa dalla parete addominale.
l’alchimia gastro-intestinale
Se immaginiamo il tratto gastro-intestinale come un laboratorio alchemico, dove le sostanze cambiano forma ed essenza, notiamo una possibile associazione con le leggi spagiriche: la digestione è assimilabile alla fermentazione della materia grezza; l’assorbimento può essere paragonato alla distillazione, per separare la parte più pura e preziosa dalle sostanze “impure” ed il processo di eliminazione delle “scorie”, a sua volta, è associabile alla calcinazione del residuo, che permette l’inertizzazione salina del rimanente, “avanzato” dopo i processi di trasformazione.
Il “ventre” si comporta come un crogiolo in cui le sostanze sono miscelate continuamente con catalizzatori (gli enzimi) che accelerano le reazioni biochimiche: il processo di trasformazione degli alimenti che avviene nel tratto gastro-duodenale è assimilabile alla “fermentazione” alchemica, cioè all’attivazione e vivificazione della “materia inerte”, attraverso il cambiamento della “forma”; questo processo, che può essere detto di “chiarificazione”, prepara i “nutrienti” alla fase seguente, cioè all’assimilazione.
Quest’ultima può essere comparata alla trasformazione che si verifica nella “distillazione”, utilizzata per estrarre la parte essenziale dalla sostanza grezza che è stata fermentata, digerita e chiarificata, attraverso la separazione e sublimazione degli elementi vitali, cioè delle energie “sottili”, dalla massa inerte e “spessa”, depotenziando le eventuali sostanze tossiche. In pratica, assumere la parte nobile della materia affine e conforme alla nostra essenza per renderla simile a noi, cioè trasformarla e fonderla col nostro io.
Il tratto digiuno-ileale è il segmento preposto alla funzione assimilativa, dove si completa la fase digestiva ed elaborativa e si inizia a “comprendere” ed “acquisire” i nutrimenti: la seconda metà del duodeno, al digiuno ed all’ileo sono quelle parti dell’apparato enterico tradizionalmente deputate all’assorbimento delle sostanze nutritive; da questo stesso tratto si originano anche il cieco, il colon ascendente e i due terzi prossimali del colon trasverso.
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