definizione
Con questo termine, che tradotto dall’inglese significa, letteralmente, “esagerato” o “che eccede i limiti del giusto o del conveniente, eccessivo, spropositato, che eccede la misura” si suole indicare la condizione di peggioramento della prestazione di un atleta, in risposta a un aumento del carico di allenamento, che può durare giorni o settimane.
Si parla di overreaching funzionale quado, dopo un recupero adeguato di qualche giorno o poche settimane (tapering), si manifestano adattamenti determinanti un miglioramento della prestazione: il carico di lavoro, applicato per giorni o settimane, induce un disturbo dell’equilibrio omeostatico che a sua volta causa una riduzione della capacità di prestazione anche se, durante la fase successiva di recupero attivo, la capacità di prestazione viene recuperata sino a superare i livelli iniziali; l’overreaching funzionale si associa a segni e sintomi che regrediscono completamente dopo il recupero per essere sostituiti da una sensazione di benessere.
Si parla, invece, di overreaching non funzionale quando la performance atletica ristagni o peggiori malgrado l’atleta si sia allenato in modo continuo e adeguato, ovvero quando la risposta al carico di allenamento non ha generato adattamenti funzionali, bensì ha indotto uno stato di maladattamento cronico che richiede diverse settimane o addirittura mesi per recuperare; questo fenomeno non è limitato solamente agli amatori ma si può anche verificare negli atleti di alto livello.
sintomatologia dell’overreaching
L’overreaching non funzionale genera solitamente una costellazione sintomatologica che tende a perdurare nel tempo, fra cui si possono riscontrare incapacità di raggiungere livelli di prestazione abituali (in allenamento e in gara), sensazione di mancanza d’energie e senso d’affaticamento durante l’allenamento (spesso immotivato dall’entità del carico di lavoro) con conseguente ridotta predisposizione ad allenarsi e gareggiare mentre i tempi di recupero si allungano più del normale richiedendo un intervallo più lungo fra le sedute d’allenamento; non di rado si manifestano perdita di coordinazione, diminuita capacità di riconoscere la posizione delle parti del corpo nello spazio (cinestesia), ricomparsa d’errori tecnici precedentemente corretti e ridotta capacità di correggere gli errori, oltre a un ridimensionamento dell’ampiezza dei movimenti di passo nella corsa o della bracciata nel nuoto (o dei gesti specifici dello sport preso in esame).
Il confine tra l’overreaching funzionale e non funzionale è sottile: talvolta a determinare l’esito dell’overreaching (funzionale/positivo o non funzionale/negativo) non è soltanto l’intensità o l’entità del carico di lavoro, quanto il modo con cui l’atleta vive l’allenamento, cui si sommano fattori di carattere personale e sociale; in pratica lo stress (e l’ansia da prestazione) derivanti dalla necessità di raggiungere determinate performance: poiché l’organismo utilizza le stesse risorse e gli stessi meccanismi per adattarsi ai differenti fattori di stress (indipendentemente dalla natura degli stessi), se lo stress totale (la somma di tutti i fattori sportivi e non) rimane all’interno della capienza individuale e della specifica soglia di tolleranza soggettiva allo stress, l’allenamento porta ad un miglioramento della prestazione con il recupero da una condizione di fatica acuta qualificabile come un overreaching funzionale.
Quando, al contrario, lo stress totale supera le possibilità individuali, generando un distress, l’allenamento determina un “maladattamento” con conseguente overreaching non funzionale e peggioramento della prestazione o addirittura una sindrome di superallenamento: in pratica, l’allenamento anziché ottimizzare ed incrementare la performance atletica massimale, esaurisce le risorse, senza determinare una reazione di adattamento positivo, non agendo da eustress ma provocando un affaticamento che può portare al burn-out. Tale condizione può dipendere da un eccesso di carico allenante e/o da un insufficiente recupero, ma anche (o solamente) da un eccesso di cofattori che agiscono da stressor, siano essi di origine fisica/meccanica, biochimica, emozionale (sportivi o extra-sportivi); per lo sportivo (professionista o amatoriale) possono avere un peso rilevante, oltre alle dinamiche personali, anche le aspettative eccessive da parte dell’allenatore, dell’ambiente sportivo o di componenti della famiglia o degli amici, la personalità dell’atleta, l’ambiente sociale con il proprio ecosistema, ma anche la monotonia percepita nell’allenamento dallo sportivo nel reiterare gesti o esercizi, la vita quotidiana, i problemi personali.
gestione dell’overreaching
Il maladattamento può essere riconosciuto, o quantomeno preso in considerazione quando, oltre al peggioramento della prestazione, si notano la perdita di coordinazione, la ricomparsa di errori tecnici corretti in precedenza e anche la difficoltà di riconoscere tali errori: da un punto di vista della Kinesiologia Transazionale®, è una tipica manifestazione di stress definita “switching” che può essere responsabile della riduzione delle prestazioni in allenamento e durante le competizioni, che risultano nettamente inferiori alle attese, in modo inspiegabile; possono essere comuni anche la sensazioni di un incremento dello sforzo e della fatica in allenamento a parità di carico esterno, di un persistente senso di affaticamento durante la giornata, con l’insorgere di disturbi del sonno.
Ferma la necessità di verificare che non esistano problemi di salute che possono essere i principali responsabili del calo della performance, è opportuno ridurre il carico di lavoro se non addirittura interrompere l’allenamento per un periodo variabile che può durare da pochi giorni ad oltre 3 o 4 settimane: qualora la condizione di maladattamento fosse stata determinata da un overreaching funzionale è possibile che si possa ottenere un miglioramento della prestazione, ma in caso di overreaching non funzionale, il recupero può richiedere invece da diverse settimane ad alcuni mesi, sempre che non si intervenga in modo mirato per accelerare il recupero e ridurre gli effetti negativi del distress.
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