rettilineizzazione

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ultimo aggiornamento: 9 Gennaio 2023 alle 16:00

definizione

Letteralmente “l’azione di rendere rettilineo” o “l’essere stato reso rettilineo”, cioè dritto; può essere considerato un nome d’azione, grazie al suffisso -zione, nella sua accezione di «forza determinante», che indica l’atto e/o descrive l’effetto del rendere rettilineo: in grado di far sì “che sia o che proceda in linea retta”, del latino rectilineus, composto di rectus (→ diritto) e linea (→ linea).

descrizione

La colonna vertebrale non è una struttura rettilinea ma presenta delle fisiologiche curvature, dette lordosi e cifosi; l’alternanza di queste curve conferisce al rachide le sue importanti proprietà elastiche e resistive, molto superiori a quelle di un’ipotetica colonna dorsale completamente dritta: è infatti grazie alla dinamica delle contrapposizioni fra strutture concave e strutture convesse che è possibile una ripartizione dei carichi posturali nella statica e nella deambulazione, con un minor dispendio energetico.

Nella colonna vertebrale le lordosi si alternano alle cifosi, dando luogo ad un susseguirsi di curve che, in direzione cranio-caudale, sono la lordosi cervicale, la lunga cifosi toracica, che prosegue fino alla zona lombare, la lordosi lombare ed infine la piccola cifosi che iniziando a livello della Va vertebra lombare si estende per mezzo dell’osso sacro, fino alle vertebre coccigee: in realtà l’apice del coccige, fungendo da elemento in grado di bilanciare e mantenere in tensione il pavimento pelvico, spesso si muove in direzione posteriore, formando una piccola lordosi sacro-coccigea: queste curve sono determinate dal diverso spessore di corpi e dischi vertebrali tra la loro parte anteriore e posteriore; anche la parte posteriore della callotta cranica, può essere considerata una cifosi.

Spesso, come conseguenza di traumi o lesioni della colonna vertebrale (o anche delle singole vertebre) o per effetto dello squilibrio della funzionalità dei muscoli paravertebrali, delle alterazioni dell’omeostasi posturale o della presenza di adattamenti antalgici o cicatriziali, si manifesta un fenomeno dis-funzionale (o patologico), contraddistinto dall’incremento dell’atteggiamento cifotico, con un progressivo aumento dell’angolo di cifosi, che causa ipercifosi o, come viene chiamato comunemente, il “dorso curvo”: questa alterazione del rachide può essere considerata un dismorfismo o una forma di paramorfismo, rientrando fra le deformità sagittali del rachide; il processo di cifotizzazione, accentuando la normale curvatura dorsale del rachide può dare luogo all’inversione della curva fisiologica a livello lombare o cervicale, normalmente concava posteriormente, ed alla forma di rettilineizzazioni compensatorie.

La presenza di queste curve, oltre a favorire la ripartizione dei carichi posturali o nella deambulazione, svolge una importante funzione protettiva ed adattativa: le curvature a concavità anteriore (cifosi), quale la teca cranica, la gabbia toracica o la zona pelvica, creano uno spazio che ospita organi vitali, garantendone la protezione, mentre le curve a concavità posteriore (lordosi), quali il collo (rachide cervicale) e la zona lombare, assicurano al corpo la capacità elastica di assorbire tensioni, ridistribuendole, come una molla che compressa può ridistendersi.

Il processo di rettilineizzazione impatta significativamente su queste dinamiche funzionali, condizionando sia lo spazio, in particolare a livello della gabbia toracica, sia la capacità di svolgere quell’azione di shock absorber tipica delle lordosi, garantita dalla combinazione delle strutture osteo-artro-miologiche che lavorano sinergicamente con i tessuti fasciali: essendo il rachide una tensostruttura caratterizzata da dinamiche tensegretive, grazie alla presenza di “tiranti”, ovvero per effetto dell’azione dinamica di muscoli, tendini e legamenti, le ossa possono garantirci la necessaria stabilità, e al contempo, l’indispensabile flessibilità e mobilità; quando l’azione di dette strutture, soprattutto per l’incremento della tensione esercitata dai muscoli o da mutazioni dei loro vettori, provoca delle modifiche dei rapporti funzionali, allora si alterano la relazione di reciprocità osteo-articolare, creando appunto, iperlordosi, cifotizzazioni,  scoliosi e rettilineizzazioni. La distorsione del rachide, l’incremento o la scomparsa delle curve fisiologiche, indica che le tensioni intrinseche al sistema osteo-artro-mio-fasciale superano le capacità intrinseca di compenso del sistema stesso, portando, da un lato, ad ulteriori deformazioni, dall’altro al formarsi di circoli viziosi per l’aumento delle tensioni muscolari compensatorie che rimangono all’interno del sistema muscolare stesso che a volte subisce un processo di degenerazione, fibrotizzazione o addirittura di ossificazione, favorendo la formazione di “calli ossei”, calcificazioni,  speroni, esostosi e artrosi.

Se si applica al corpo il concetto di tensegrità, possiamo notare come l’organismo umano sia caratterizzato da una struttura tensegretiva, ovvero da una tensostruttura dove gli assi rigidi sono costituiti dalle ossa e le strutture flessibili dal sistema mio-fasciale: ossa, muscoli, fascia connettivale, legamenti e tendini sono mantenuti in un continuum di “compressioni flottanti” che conferiscono all’insieme mio-fasciale sia la necessaria rigidezza strutturale, sia l’indispensabile elasticità funzionale. Infatti, l’azione dei singoli muscoli viene tradotta in un’azione unisona e sincrona di compressioni e tensioni in equilibrio dinamico, mentre le strutture ossee costituiscono gli elementi di resilienza: la combinazione degli elementi dinamici e resistivi si concretizza in un sistema muscolo-scheletrico sinergico, altamente adattativo, dotato di capacità allostatiche e capienza; mentre i tessuti connettivali e muscolari garantiscono una continua tensione, grazie alla trazione, le ossa, pur essendo di per sé sistemi tensegretivi, rappresentano la componente sottoposta a compressioni discontinue.

L’alterazione di questi equilibri, che si verifica nella rettilineizzazione comporta che la capacità di “scaricare” le forze che agiscono sul rachide, in maniera proporzionata ed equilibrata, si altera causando, frequentemente, vettori anomali (come conseguenza dell’alterato asse di movimento dei muscoli che agiscono su queste catene cinematiche) e alterazione dei rapporti articolari, impedendo al sistema di “disgiungere” (ripartire) i carichi funzionali: il risultato è, invariabilmente, la creazione di alterazioni morfo-funzionali delle “aree cerniera” del rachide, ovvero le zone dove si modifica la curvatura della colonna vertebrale: in particolare la cerniera cervico-toracica (zona della “gobba di bisonte”), l’area della Va e VIa vertebra dorale (ove originano o si inseriscono importanti gruppi muscolari del collo e del dorso, oltre ad essere l’asse di rotazione dei Lovett Reactor), la cerniera toraco-lombare (con significative ripercussioni sulla funzionalità diaframmatica), la zona lombo-sacrale.

In particolare quest’ultima, essendo il punto in cui le forze discendenti ed i carichi che agiscono sulla colonna vanno a “caricare” l’articolazione L5-S1 e, attraverso il sacro, ripartiscono tali energie sul cingolo pelvico e sulle gambe, non di rado si osserva, in caso di rettilineizzazione l’insorgenza di spondilolistesi della Va vertebra lombare rispetto all’osso sacro e/o il manifestarsi di distorsioni pelviche.

rettilineizzazione cervicale

Come evidenzia la locuzione, si parla di rettilineizzazione cervicale o, più propriamente, rettilineizzazione del rachide cervicale, quando il fenomeno si localizza a livello del tratto cervicale della colonna vertebrale, ovvero quando si osserva una diminuzione della fisiologica lordosi cervicale: una particolare condizione patologica, anche in assenza di dolore, contraddistinta dal raddrizzamento o, addirittura, dell’inversione della normale curva cervicale.

rettilineizzazione lombare

Si parla di rettilineizzazione del rachide lombare, quando il fenomeno si localizza a livello del tratto lombare della colonna vertebrale, ovvero quando si osserva una diminuzione della fisiologica lordosi lombare: una particolare condizione patologica, anche in assenza di dolore, contraddistinta dal raddrizzamento o, addirittura, dell’inversione della normale curva lombare.

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