ultimo aggiornamento: 13 Aprile 2025 alle 22:12
definizione
Letteralmente “la concentrazione (quantità) di trigliceridi presenti nel sangue”; si parla rispettivamente di eutrigliceridemia (o normotrigliceridemia) quando tale valore standard rientra nella norma, ipotrigliceridemia, quando la concentrazione è troppo bassa, ed ipertrigliceridemia, se la quantità disciolta nel sangue è troppo alta: l’intervallo di riferimento (set-point) per la trigliceridemia è pari a 40÷170 mg/dl.
ipotrigliceridemia
Una concentrazione dei trigliceridi nel sangue più bassa del normale può essere associata a malnutrizione, a diete particolarmente povere di grassi e carboidrati, in caso di celiachia o nelle sindromi da malassorbimento, nell’ipertiroidismo, nelle disfunzioni epatiche, nella abetalipoproteinemia o nell’ipobetalipoproteinemia; negli atleti che praticano sport di endurance, basse quantità di trigliceridi nel sangue, soprattutto nel caso in cui ci sia una marcata riduzione rispetto ad un controllo precedente, possono essere un segno di sovrallenamento. Una diminuzione dei trigliceridi può essere dovuta all’assunzione di acido ascorbico, salicilati, clofibrati, acido nicotinico e acidi grassi omega-3.
Un discorso a parte andrebbe fatto per le statine: seppure il loro utilizzo come ipocolesterolemizzanti sia molto diffuso, gli effetti ipotrigliceridemizzanti e sarcopenizzanti (sarcopenia da statine) dovrebbero essere seriamente presi in considerazione, valutando gli effetti collaterali che, nel lungo periodo, tendono a travalicare ampiamente gli effetti benefici.
ipertrigliceridemia
Una concentrazione dei trigliceridi nel sangue superiore alla norma, solitamente, viene ascritta ad una dieta non bilanciata, contraddistinta da un eccesso di zuccheri e grassi saturi (soprattutto nelle diete ipoproteiche), spesso associata a stili di vita considerati non salutari (quali la vita sedentaria, il sovrappeso e l’obesità, il tabagismo, il consumo eccessivo d’alcool …): a ben vedere la radice comune di questi comportamenti compulsivi, può essere fatta risalire a situazioni di distress o di disconfort, siano esse manifeste o celate e nascoste; l’aumento della trigliceridemia può anche essere il sintomo che avvisa della presenza di malattie come l’ipertiroidismo, la sindrome di Cushing e l’acromegalia, la pancreatite o la cirrosi epatica oppure le patologie renali (insufficienza renale, sindrome nefrotica …).
L’uso continuativo di medicinali quali estrogeni, corticosteroidi, pillola anticoncezionale, beta-bloccanti, diuretici tiazidici, inibitori delle proteasi, retinoidi, tamoxifene ed altri possono essere un fattore scatenante l’innalzamento della concentrazione plasmatica dei trigliceridi.
La sindrome metabolica, il diabete mellito, l’insulino-resistenza non adeguatamente trattati possono manifestarsi con ipertrigliceridemia; la gravidanza può essere causa di un aumento incontrollato dei trigliceridi in concomitanza (o meno) con un diabete gestazionale e/o una gestosi gravidica.
Le malattie genetiche come ipertrigliceridemia familiare (o iperlipoproteinemia familiare di tipo IV) e iperlipidemia combinata sono un fattore predisponente.
metabolismo dei trigliceridi
Occorre ricordare, innanzitutto, che i grassi contenuti negli alimenti, durante la digestione vengono aggrediti dall’azione combinata di lipasi salivare, bile e lipasi pancreatiche, per essere poi scissi in acidi grassi singoli che ne facilitano il successivo assorbimento intestinale: una volta entrati negli enterociti, gli acidi grassi vengono riassemblati (esterificati) con il glicerolo per formare nuovamente trigliceridi e, non essendo solubili in acqua, vengono associati a particolari “carrier bipolari”, chiamati lipoproteine, per poter essere veicolati nel sangue.
I chilomicroni, sintetizzati dagli enterociti, sono i primi carrier utilizzati dall’organismo per trasportare i trigliceridi dall’intestino: inizialmente viaggiano nella linfa per poi, attraverso il sangue giungere ai vari tessuti dove vengono utilizzati: il passaggio dalla linfa al sangue, avviene a livello della congiunzione del dotto toracico con la vena succlavia, quando la circolazione linfatica, si riversa nel torrente circolatorio; nel sangue i chilomicroni interagiscono con altre lipoproteine (LDL e HDL), che gli permettono di assolvere totalmente le proprie funzioni e completare il ciclo metabolico.
Il fegato ha la capacità di sintetizzare trigliceridi, a partire da altri nutrienti come il glucosio e gli aminoacidi che vengono assorbiti durante il pasto: una volta prodotti, questi trigliceridi vengono accorpati a specifiche lipoproteine chiamate VLDL che li trasporteranno ai tessuti attraverso il sangue; in condizioni di normalità (dieta equilibrata o in assenza di patologie), la produzione di trigliceridi e relativi trasportatori è in linea con le esigenze delle cellule tissutali, ovvero l’offerta (assimilazione dietetica + produzione epatica) soddisfa adeguatamente la domanda organica di trigliceridi, evitando ipotrigliceridemie o ipertrigliceridemie.
Chilomicroni e VLDL trasportano i trigliceridi nel sangue, allo scopo di rifornire le cellule tissutali di questi lipidi, che possono trovare impiego come fonte di energia immediata o di riserva (accumulo negli adipociti): giunti ai tessuti, i chilomicroni cedono trigliceridi che, per opera di specifici enzimi chiamati lipoprotein-lipasi, vengono scissi nuovamente in glicerolo ed acidi grassi che vengono impiegati per soddisfare i fabbisogni energetici della cellula o depositati all’interno del tessuto adiposo; l’ingresso nelle cellule dei trigliceridi è favorito dalla presenza di insulina. Una volta che chilomicroni e V.L.D.L. hanno rilasciato i trigliceridi alle cellule, vanno incontro a un processo di degradazione e smaltimento fisiologico.
In condizioni patologiche o anomale, quali una dieta ipercalorica ad alto contenuto di grassi o zuccheri, diabete, anomalie genetiche, l’assimilazione e la produzione di trigliceridi e dei relativi carrier supera abbondantemente le richieste delle cellule tissutali (o non le soddisfa affatto), con il conseguente accumulo dei complessi carrier-trigliceridi nel sangue, quindi a un aumento della trigliceridemia.
la gestione delle alterazione della trigliceridemia
Nell’ambito delle discipline olistiche, come in ogni situazione di scompenso che affondi le proprie radici nella multifattorialità causale, lo squilibrio della concentrazione ematica dei trigliceridi deve essere essere affrontata prendendo in considerazione i differenti elementi causali ed i possibili fattori scatenanti: il professionista del ben-essere deve essere sempre consapevole che, alla luce della “visione etologica” suggerita dal triangolo della salute, lo stress emotivo può assumere un ruolo rilevante nella genesi dello “squilibrio biochimico” nella gestione dei lipidi organici quanto una dieta squilibrata o la mancanza di adeguato esercizio fisico; parimenti la presenza di alterazioni somato-emozionali può essere un agente causale ancor più significativo di una possibile alterazione metabolica.
Alla luce di questa visione olistica, l’artigiano della salute ha la possibilità di effettuare una valutazione multidimensionale che prenda in considerazione, anche secondo una scala di priorità, le necessità di chi soffre di un’alterazione della trigliceridemia: nella società occidentale, caratterizzata dalla sommatoria di eccessi alimentari, stress e ipomobilità o ridotta (o talvolta impropria) attività fisica, lo squilibrio più frequente da affrontare è l’ipertrigliceridemia; per quanto questo “deterioramento” della capacità dell’organismo di gestire al meglio il rapporto richiesta/offerta dei trigliceridi venga solitamente associato all’alterata (aumentata) concentrazione del colesterolo ematico, i due fenomeni non sono necessariamente e invariabilmente collegati.
Benché il professionista del ben-essere debba solitamente seguire le priorità emerse dalla valutazione multidimensionale, solitamente risulta più agevole intervenire, almeno per una maggior compliance di chi presenta questi disturbi, sulla componente alimentare/biochimica o sullo stile di vita, proponendo piccole variazioni, in un’ottica di gestione del cambiamento sul lungo periodo: questo approccio, anche se richiede tempi più lunghi, permette al soggetto di modificare il proprio habitus in modo progressivo e con un limitato disconfort, fatto che evita di incrementare il distress, concausa sempre presente in situazioni di questo tipo.
L’utilizzo del “test per le intolleranze alimentari” può divenire un ottimo modo per intavolare una valutazione di ciò che la persona “introduce nel proprio corpo”, da un punto di vista alimentare, considerando (e sottolineando eventualmente …) la presenza di junk food e/o confort food.
Non è raro che l’ipertrigliceridemia si associ talvolta alle dislipidemia, alle diete ipercaloriche o regimi alimentari iperglucidici, al diabete mellito di tipo 2 (tutti elementi che partecipano allo scompenso metabolico) o, in alcuni casi, all’alcolismo: questi comportamenti devono essere presi in considerazione sia per l’impatto sul piano metabolico, sia per la rilevanza che possono avere da un punto di vista emotivo (in quanto forme di addizioni).
Il profilo nutrizionale, una tecnica basata sul test muscolare kinesiologico, è uno strumento in grado di evidenziare possibili deficienze biochimiche, permettendo all’operatore professionale di valutare e portare alla luce sia manifestazioni carenziali da un punto di vista nutritivo, sia il possibile incremento delle necessità organiche conseguenti al distress, al burn-out, a patologie da overuse o in caso di sovraccarico funzionale: l’identificazione di questi bisogni permette all’artigiano della salute di instradare chi soffre di questi squilibri verso quelle piccole modificazioni dello stile di vita indispensabili per sviluppare un percorso di benessere personalizzato, sostenendo l’organismo metabolicamente e contribuendo a gestire lo stress emotivo eventualmente associato alle situazioni di disagio.
Da un punto di vista biochimico, l’ipertrigliceridemia, oltre che agli eventuali eccessi dietetici, può essere associata a disturbi dei processi digestivi/assimilativi o del metabolismo epatico; non di rado è possibile riscontrare fenomeni (spesso limitati) di steatosi epatica o di alterazione del controllo glicemico (evidenziabile spesso dall’esame dell’emoglobina glicata che può risultare leggermente elevata risetto ai valori standard): il primo step che il professionista del ben-essere può suggerire a chi presenta ipertrigliceridemia, è un protocollo basato sul concetto “remove-detox-repair” ovvero sulla riduzione dell’apporto alimentare di sostanze pro-infiammatorie ed eccessi o squilibri alimentari in associazione ad una “disintossicazione” epatica e sull’introduzione di nutraceutici in grado di riattivare le vie metaboliche o favorire la riparazione/rigenerazione dei processi biochimici, oltre a correggere le eventuali dislipidemia.
In questa ottica l’utilizzo di alcuni supplementi nutrizionali in grado di coadiuvare questo processo, si rivela un atout vincente; è possibile suddividere gli integratori alimentari secondo alcune “aree” di azione, citando solamente alcune delle possibilità di intervento tramite supplementazione nutrizionale (per ovvie ragioni di spazio), non dimenticando che il ricorso ad amminoacidi come i B.C.A.A. [si veda AMINO ALL (NW1415)], la normalizzazione del microbiota [LACTO PLUS (1555A), TOTAL PROBIOTICS (NW2405) …] o la “riparazione” cellulare sono aspetti che non possono essere ignorati:
→ riduzione dei processi infiammatori
Alla base della flogosi che può essere connessa o dipendente dall’alimentazione, frequentemente si possono riscontrare alterazioni della digestione: l’utilizzo di miscele enzimatiche è in grado di migliorare l’insieme dei processi che avvengono nell’apparato digerente per rendere gli alimenti utilizzabili, riducendo l’infiammazione cronica a basso livello e/o agendo su quadri flogistici come la leaky gut syndrome, la S.I.B.O., le M.I.C.I. o la sindrome dell’intestino irritabile; l’incremento delle capacità digestive spesso ottiene risultati significativi che possono ottimizzare il metabolismo energetico dell’organismo, rendendo più efficace l’utilizzo dei glucidi e dei lipidi, con ripercussioni positive sulla stabilità della glicemia ed una corretta trigliceridemia.
L’uso di enzimi con un range di azione scarsamente influenzato dal pH (come quelli vegetali) permette di facilitare il processo digestivo, accelerando la possibilità di utilizzare prontamente i nutrienti e, di conseguenza, di limitare la richiesta di cibi ad alto contenuto di grassi o calorie (junk food) tipicamente indotta dallo stress; l’azione enzimatica, inoltre, favorisce una corretta e bilanciata secrezione acida dello stomaco, potenziando l’efficacia digestiva del chimo gastrico, con la conseguente diminuzione dei fenomeni allergici sistemici cibo-dipendenti (ovvero stimolati/incrementati dagli allergeni alimentari non denaturati dall’acidità gastrica).
Il TOTAL ENZYMES (NW2404A) è una miscela sinergica, di origine vegetale, di proteasi, amilasi, lipasi, cellulasi, disaccaridasi, invertasi, lattasi, in grado di favorire un precoce senso di sazietà, di potenziare il metabolismo gastro-duodenale (riducendo lo stress cellulare), di ridurre i processi infiammatori ed allergogeni, di promuovere la normalizzazione del microbiota: la presenza di trimetilglicina (betaina) contenuta negli estratti di Beta Vulgaris (che stimola la produzione di acido cloridrico nello stomaco, facilitando la digestione e l’assimilazione dei nutrienti, contribuendo a prevenire la steatosi epatica e la formazione di omocisteina) e di cromo chelato (che partecipa alla corretta digestione dei macronutrienti, facilitando alcune reazioni enzimatiche) amplifica l’azione enzimatica contribuendo a ridurre i processi fermentativi e putrefattivi intestinali e contrastando l’insorgenza di infiammazione cronica a bassa intensità (inflamm-aging).
Anche il PRO-EN-ZYME (NW3500) è una combinazione di enzimi (proteasi e cellulasi), vitamina C (acido ascorbico) e bromelina (miscela di enzimi derivati dall’Ananas Comosus, dotati di attività proteolitica ed antinfiammatoria), associati ad estratti vegetali quali curcuminoidi (Curcuma Longa), astragalosidi (Astragalus Membranaceus), equisetonina, glucosidi flavonici ed alcaloidi (Equisetum Arvense), composti fenolici, diterpeni, flavonoidi e tannini (Rosmarinus Officinalis), bioflavonoidi (Citrus Limon): l’azione sinergica dei nutrienti può svolgere un ruolo significativo nella riduzione dei processi infiammatori, con un’azione assimilabile agli inibitori delle ciclossigenasi, migliorando i processi digestivi e normalizzando la funzione gastro-intestinale.
→ detossificazione & disintossicazione
Il capitolo inerente l’eliminazione delle tossine che possono in qualche modo condizionare o incrementare la presenza di dislipidemia è estremamente articolato e complesso e merita una trattazione specifica: in questo contesto ci limiteremo a prendere in considerazione due integratori alimentari che possono svolgere un ruolo importante nel controllo dei trigliceridi.
Il TOTAL LIVER D-TOX (NW2408A), grazie ad una combinazione di fitoterapici quali il Cardo Mariano (Silybum Marianum), l’acido α-lipoico, ed altri nutraceutici ad azione antiossidante, permette non solo di attivare i processi di detossificazione, visto la loro potente attività di radical-scavenger, ma anche di favorire la remissione dei processi flogistici, di attivare il metabolismo lipidico, favorendo l’utilizzo dei grassi per la produzione dell’energia corporea, di neutralizzare l’iperlipidemia.
Il GB PLUS (NW1545), dotato di azione coleretica e colagoga, grazie ai fitocomplessi contenuti, possiede proprietà antiossidanti, antinfiammatorie; riduce la mucosità, migliora la vascolarizzazione aiutando la funzionalità intestinale, la regolarizzazione dell’alvo, svolgendo un’importante azione di supporto delle funzioni metaboliche epatiche e della cistifellea.
→ gestione delle dislipidemia
Fermo restando che la modifica dello stile di vita (controllo dell’intake alimentare – attività fisica – riduzione dello stress …) rimane rimane una scelta prioritaria, l’utilizzo di una appropriata integrazione alimentare può rivelarsi utile sia per controllo delle dislipidemia, sia per evitare il ricorso a farmaci quali le statine o i fibrati (fortemente sarcopenizzanti, in grado di produrre miopatie invalidanti …).
Oltre all’utilizzo di acidi grassi polinsaturi (P.U.F.A, in particolare dei cosiddetti omega-3, è possibile utilizzare prodotti quali il TOTAL LIPOTROPHIC (NW2720A), una miscela sinergica di Cordyceps Sinensis Mycelium (contiene cordycepiacido ed ergosterolo, potenti adattogeni, in grado di ridurre trigliceridi e colesterolo totale), beta-glucano (legante dei grassi e del colesterolo alimentare), beta-sisterolo (riduce i fenomeni perossidativi e la lipoperossidazione), Commiphora Mukul (guggulipid – ipocolesterolemizzante ed ipotrigliceridemizzante, ad azione antiossidante), inositolo esa-nicotinato (la niacina possiede una forte azione ipotriceridemizzante), policosanolo (ipocolesterolemizzante ed ipotrigliceridemizzante, riduce l’aggregazione piastrinica modificando la sintesi delle prostaglandine) associati a Pirus Malus (pectina di mela – riduce l’assorbimento dei grassi e del colesterolo, il carico glicemico ed i fenomeni di iper-insulinismo) ed Allium Sativum (riduce il rischio trombo-embolico ed il colesterolo ematico totale): gli effetti di questa combinazione di nutraceutici sullo stress metabolico e sulla produzione dell’energia si accompagna ad una marcata azione normalizzante della dislipidemia ed ad alla capacità di prevenire o diminuire l’incidenza dell’aterosclerosi e dei suoi effetti, migliorando le disfunzioni vascolari periferiche con il conseguente ridimensionamento del rischio cardio-vascolare.
Per quanto riguarda l’utilizzo di acidi grassi polinsaturi, il SUPER E-P-A (NW1510), una miscela sinergica acidi grassi omega-3 (derivati dal salmone) composta da acido eicosapentaenoico (EPA) ed acido docosaesaenoico (DHA) addizionati con vitamina E (D-α-tocoferolo) garantisce un apporto di acidi grassi essenziali per il trattamento delle dislipidemia, grazie alla ben nota azione ipotrigliceridemizzante ipocolesterolemizzante; anche il COMPLETE OMEGA-3 ESSENTIALS 2:1 (NW1514) [eventualmente in associazione con COMPLETE OMEGA-3 CO-FACTORS (NW1517)], una miscela proprietaria (derivati da acciughe, sgombri e sarde in rapporto 2:1) di acido eicosapentaenoico (EPA) ed acido docosaesaenoico (DHA), addizionati con vitamin E (D-α-tocoferolo), acido alfa-linolenico (Linum Usitatissimum) ed acido gamma-linolenico (Ribes Nigrum).
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