vertigine otogena

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definizione

Letteralmente, vertigine che deriva dall’orecchio, dal greco οὖς (oy´s → orecchio), che nelle parole composte indica un riferimento all’orecchio o all’udito, e –γενής (genḗs → nato da).

La vertigine otogena è una tipica vertigine periferica, espressione dei disturbi dell’apparato vestibolare dell’orecchio: nelle sue forme tipiche, si presenta con le caratteristiche della vertigine oggettiva, rotatoria, di breve durata, in genere violenta, caratterizzata dalla presenza di movimenti involontari dei globi oculari (nistagmo) e da sintomi neuro-vegetativi di accompagnamento, come nausea e vomito, più raramente disturbi alla vista come nel caso in cui si presenti uno scotoma temporaneo. Le cause più frequenti di vertigine periferica sono:

sindrome di Menière — l’improvviso aumento del liquido all’interno del labirinto membranoso, con conseguente sofferenza vestibolare che può presentarsi con crisi sporadiche e occasionali, o produrre quadri clinici invalidanti: oltre alla vertigine oggettiva, provoca ipoacusia fluttuante, acufeni e senso di orecchio pieno (ear fullness); è in grado di compromettere la funzionalità dell’orecchio, sia dal punto di vista uditivo che vestibolare.

vertigine posizionale parossistica benigna — più frequente nel genere femminile, ed probabilmente la forma più diffusa di vertigine periferica, causata dal distacco degli otoliti presenti nell’utricolo e nel sacculo del sistema vestibolare che, così facendo, stimolano in maniera erronea i recettori vestibolari causando l’illusione della rotazione.

→ otosclerosi — malattia su base ereditaria causata da una osteodistrofia della capsula labirintica con interessamento della finestra ovale e conseguente ipomobilità e anchilosi della staffa (uno degli ossicini dell’orecchio medio); la vertigine si associa a ipoacusia e acufeni.

→ disequilibrio soggettivo cronico — caratterizzato da una costante sensazione soggettiva d’instabilità, insicurezza nella stazione eretta che rende difficoltosa una fluida deambulazione, e prevede cause quanto mai varie, spesso a carattere sistemico come dismetabolismi, disendocrinie, vasculopatie, degenerazioni cortico-cerebrali.

lenire il sintomo, correggere lo squilibrio …

Quando i capogiri dipendono da una vertigine otogena, l’intervento del professionista del ben-essere può rivelarsi di grande aiuto per chi è limitato nella propria qualità di vita da questa manifestazione: non di rado, infatti, l’insicurezza nella stazione o nella deambulazione può assumere forme debilitanti che impediscono anche il più semplice movimento del capo, condizionando pesantemente le possibilità di chi è affetto da questo sintomo; allo stesso tempo la presenza della vertigine induce solitamente una serie di atteggiamenti posturali compensatori che producono tensione muscolare, rigidità e stiffness che possono incrementare ulteriormente le manifestazioni vertiginose, esacerbare i sintomi dipendenti dalla rigidità del rachide (cefalee, cervicobrachialgie, lombalgie, lombosciatalgie e quadri associati …) o essere il fattore scatenante di manifestazioni disfunzionali latenti.

La presenza di una sintomatologia associata a livello gastrico, è spesso causa di alterazioni della sfera digestiva, con l’insorgenza di manifestazioni quali dispepsia, gastralgia, tensione a livello dell’epigastrio o del diaframma respiratorio in grado di riverberarsi a livello cervicale e suboccipitale (C0∞C1), con l’interessamento delle radici nervose ivi presenti, dando origine anche a ripercussioni sulla funzionalità del nervo vago, o a livello della base del cranio, con il coinvolgimento di differenti nervi cranici, causando un ulteriore incremento delle vertigini.

Grazie al Cranio-Sacral Repatterning, il professionista qualificato e preparato ha la possibilità di intervenire, vista la delicatezza di azione e la non invasività delle tecniche utilizzate, già durante le fase acute, quando la vertigine può risultare molto invalidante: una costante, da un punto di vista clinico, delle manifestazioni vertiginose è la presenza di alterazioni funzionali dell’articolazione atlanto-occipitale e dei rapporti fra l’atlante o l’occipite, che possono coinvolgere sia i muscoli sub-occipitali, sia muscoli quali i muscoli sterno-cleido-occipito-mastoidei, i muscoli trapezi superiori o i muscoli scaleni; la presenza di fissazioni atlanto-occipitali, di imbricamento dei condili occipitali, dei rockers possono essere considerate disfunzioni frequenti se non addirittura ricorrenti.

La possibilità di ricorrere a tecniche quali lo sblocco sub-occipitale, l’atlas disengagement, l’unwinding fasciale, il rocking mastoideo, il reset temporo-mandibolare permette all’operatore professionale di rilasciare gran parte delle tensioni “stoccate” e “stratificate” a questo livello: queste tecniche, pur essendo veramente delicate e non invasive, sono molto profonde, rivelandosi capaci di creare cambiamenti radicali non solo a livello dell’articolazione atlanto-occipitale, ma anche sull’equilibrio e la centralità corporea.

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